Nel precedente articolo, della serie “Logo Design”, abbiamo introdotto il complesso argomento che riguarda la costruzione di un marchio. In questo articolo, invece, cercherò di fornire una guida su come dovrebbe essere un marchio efficace e vedremo a quali domande dovremmo rispondere per essere sicuri di averlo progettato bene.
Indice rapido
Come deve essere un buon marchio?
Prima di tutto, dobbiamo sfatare alcuni miti comuni. Spesso si pensa che un marchio debba essere semplicemente bello, cool e alla moda, con colori accattivanti ed effetti wow. Ma è davvero così? No! Anzi, un buon marchio deve essere l’opposto di tutto questo.
Ma allora cosa vuol dire bello? Ogni individuo, ogni società o comunità ha gusti diversi, che cambiano nel tempo. Il concetto di bellezza è legato alla cultura di un luogo e all’esperienza visiva di ogni singolo individuo.
Cos’è la bellezza?
La bellezza è un concetto estremamente soggettivo, variabile nel tempo e nello spazio. Guardiamo alla storia dell’arte: ciò che era considerato bello nel Rinascimento differiva notevolmente dallo stile gotico precedente, e ancora di più dall’art nouveau o dall’art déco dei primi del Novecento. Questo ci insegna che la bellezza è fluida e legata al contesto culturale. Ma il design di un marchio deve andare oltre la soggettività della bellezza.
Ma veniamo al punto. Sono sicuro che ognuno di noi guardando queste facciate ne preferisca una all’altra, viviamo in una stessa epoca eppure abbiamo gusti diversi. Sono tre bellissime facciate ma l’arte è soggettiva, il design no.
Comprendere il design di un marchio attraverso una sedia.
Un artefatto di design non è pensato per essere bello ma per “funzionare“. Facendo un parallelismo con il design di prodotto, possiamo dire che ogni oggetto di design è pensato per svolgere una determinata funzione.
Pensiamo a una sedia. Una buona sedia deve essere comoda, solida e stabile, in grado di svolgere la sua funzione principale: far sedere la gente. Deve essere progettata per essere riproducibile, tenendo conto dei materiali, dei costi e delle tecniche di produzione. Design vuol dire proprio progettazione.
Tuttavia, anche se tutte le sedie rispondono alle funzioni sopracitate, esistono centinaia forse migliaia di sedie diverse. Una sedia da giardino, ad esempio, è decisamente diversa da una sedia per l’ufficio. Questo perché oltre le funzioni principali, queste due sedie svolgono funzioni più specifiche. In design si dice: “Risolvono un problema“.
Le funzioni di un marchio
Anche un buon marchio, come una buona sedia, deve risolvere uno specifico problema, quello di rappresentare visivamente la marca. Come qualsiasi artefatto di design anche il marchio deve raggiungere lo scopo per il quale è stato concepito. Quindi, la “bellezza” è data dalla sua efficacia e non da un opinione soggettiva. Come scritto nell’articolo dedicato al brand design:
il marchio è, in un certo senso, una rappresentazione visiva della marca e la marca è la sintesi dei valori dell’azienda, che ne definisce l’atteggiamento e il modo di proporsi.
Quindi, per funzionare, il marchio deve avere determinate caratteristiche o svolgere determinate funzioni. Vediamole insieme:
- Identità o Funzione identitaria
- Riconoscibilità o Funzione di identificazione
- Originalità o funzione distintiva
- Riproducibilità o funzione applicativa
- Perdurabilità o funzione di logevità
Analizziamo, quindi, ognuna di queste funzioni attraverso casi studio di marchi celebri, per capire meglio di cosa stiamo parlando.
Indentità
Prima di tutto un marchio deve identificare visivamente e in maniera univoca la marca. Deve racchiudere l’identità e i valori della marca, descrivere il suo atteggiamento e il suo modo di porsi. Ogni scelta adoperata dal progettista deve essere quindi la risposta ad un preciso “problema” espressivo. Per comprendere meglio questo concetto, prendiamo in esame il marchio Ford:
Quello della Ford è un marchio che vuole esprime i valori identitari del “fordismo” e il “Taylorismo“. Razionale e modernista, come l’azienda fondata nel 1903, questo marchio di tipo emblema sfrutta il lettering progettato da Childe Harold Wills nel 1907 (poi rivisto negli anni), per comporre il logotipo con un font “scritto” (gli Scritti sono un tipo di font secondo la classificazione di Aldo Novarese), che richiama proprio quell’Art Nouveau dei primi anni del XX secolo. Anni in cui si diffondevano i valori sopracitati e che fanno parte della identità storica della marca.
Rispetto ai competitor dell’epoca, si tratta di un marchio minimale, privo di pesanti orpelli, che punta a comunicare semplicità, modernità, progresso e innovazione. Non tanto, però, “innovazione tecnologica” in se (come ad esempio potrebbe fare il marchio Tesla) quanto il concetto di progresso tecnologico al servizio comunità; Forse è per questo che invece di optare per le tradizionali forme a “targhetta” o richiamare gli stemmi araldici, come facevano le aziende di quel periodo, fu scelta un’ellissi per “avvolge” il lettering senza decori di alcun tipo. Un elemento senza spigoli, più inclusivo che in un certo senso trasmette un concetto di “ciclo virtuoso” come quello del progresso.
Infine, diversamente dai marchi che puntano a esprimere concetti come potenza e prestazioni attraverso l’utilizzo di colori come giallo e il rosso, il “blu Ford” suggerisce fiducia, razionalità ed efficienza.
Quindi nel progettare un marchio non chiedetevi se vi piace ma quanto esso rispecchia l’identità della marca.
Riconoscibilità
Un’altra funzione importante che un marchio deve svolgere è sicuramente quella di identificazione della marca da parte del pubblico.
In genere quando un marchio è fortemente identitario e di conseguenza riconoscibile ma le due cose non sono sempre collegate.
Per riconoscibilità si intende la capacità di un marchio di essere riconosciuto facilmente dal pubblico ed essere attribuito immediatamente alla marca.
Non solo, egli deve mantenere la sua riconoscibilità anche quando viene inserito in diversi contesti: in mezzo ad altri marchi o elementi grafici, applicato nelle sue diverse versioni e colori o utilizzato in dimensioni ridotte. Se esso, quindi, indentifica bene la marca ma non è sufficientemente riconoscibile perde di efficacia.
Restando sull’esempio Ford, qualcuno potrebbe dire che il marchio non è bello (a me personalmente non piace, per questo l’ho scelto) ma funziona, rimane riconoscibile a diversi livelli di riduzione e continua a funzionare anche in bianco e nero.
Sarà il particolare lettering, la tipica “cornice” ovale o il mix dei vari elementi elementi ma in ogni caso quando l’occhio viene catturato ci rimanda subito a Ford.
Alcuni marchi hanno una riconoscibilità talmente forte da funzionare anche se mostrati parzialmente, ad esempio sono sicuro che molti di voi abbiano capito che marchio è quello mostrato solo in parte nell’immagine qui sotto.
In particolari casi, quando il marchio ha evidenti elementi distintivi, tali elementi possono essere utilizzati per creare dei richiami visivi. Ad esempio in alcuni eventi, i grandi brand che fanno da main sponsor, sfruttando una caratteristica distintiva del marchio per brandizzate intere scenografie.
Anche nella progettazione di una corporate image si sfruttano spesso elementi di riconoscibilità del marchio per creare un Leitmotiv in tutta l’immagine coordinata.
Inoltre, soprattutto i brand americani, sfruttano la riconoscibilità quando non possono apporre il proprio logo. Prendete il caso di Marlboro in alcune competizioni sportive o di diversi brand all’interno di film o trasmissioni televisive.
In questi casi si parla però di Brand Placemet occulto (cioè non dichiarato) e in alcuni stati questa pratica è vietata o fortemente limitata.
Quindi nel progettare un marchio non chiedetevi se vi piace ma quanto esso sia riconoscibile
Originalità
Riconoscibilità e originalità sono spesso collegate ma non sono la stessa cosa.
Mentre la riconoscibilità di un marchio è la sua capacità di essere immediatamente identificato dai consumatori come appartenente a un’azienda o prodotto specifico; L’originalità riguarda la novità e la creatività di un marchio.
L’originalità è importante per evitare confusione tra i consumatori e per garantire che il marchio non sia una copia di qualcosa di preesistente. Questa caratteristica permette non solo di distinguerlo da altri marchi ma di distinguerlo da qualsiasi altra cosa.
Un marchio deve essere una entità visiva nuova, distinta cioè da segni grafici comuni. Per spiegare meglio questo concetto vi porto un altro caso studio:
Nel 1991, Adidas introdusse il logo con le tre linee oblique oltre allo storico trifoglio. Questo logo era per l’azienda fortemente identitario: l’accostamento delle tre linee ricorda il dorso di una scarpa sportiva e simboleggia una montagna, metafora del sacrificio necessario a raggiungere gli obbiettivi (Allenamento, sudore, studio, sconfitte, successi).
Il marchio era anche riconoscibile, in breve tempo infatti, le tre strisce di Adidas sono diventate un’icona di stile e di performance sportiva, riflettendo la passione e l’impegno dei fratelli Dassler (fondatori dell’azienda).
Il marchio composto dal simbolo delle tre strisce obblique è quindi identitario e riconoscibile ma non abbastanza originale. Non abbastanza per il Tribunale Europeo:
Nel 2014 la Shoe Branding Europe BVBA propose all’EUIPO la domanda di nullità contro il marchio figurativo depositato da Adidas l’anno prima, sostenendo una carenza di capacità distintive. Nel 2016 la Divisione di Annullamento EUIPO aveva accolto la domanda e nonostante il ricorso di Adidas al Tribunale Europeo il marchio è stato considerato nullo e pertanto decadde la tutela riservata al marchio registrato.
Per approfondire il tema della registrazione dei marchi vi suggerisco di leggere questo articolo specifico.
Un esempio, invece, di marchio originale è senza dubbio il marchio Apple. Un marchio citato spesso in questo blog per la sua efficace semplicità. Ma parlando di originalità, questa funzione è svolta non tanto dal soggetto rappresentato (la mela morsicata) ma quanto da come è rappresentato.
Il risultato del lavoro di Rob Janoff, che lo ha progettato nel 1977, è quello di una banale mela morsicata ma realizzata in maniera talmente semplificata da essere immediatamente riconoscibile ed estremamente originale. Questa straordinaria semplicità è il frutto di una progettazione complessa, in cui circonferenze di rapporto aureo vengono utilizzate per delineare le piacevoli e attraenti curve del pittogramma.
Quindi nel progettare un marchio non chiedetevi se vi piace ma quanto esso sia originale.
Riproducibilità
Un marchio deve essere originale ma questo non vuol dire artigianale. Come detto il marchio è un prodotto di design e il design non è arte o artigianato è progettazione.
Il graphic designer non deve esprimere se stesso, deve progettare un marchio che sia riproducibile. Può farlo costruendo geometricamente il marchio come si farebbe con qualsiasi altro prodotto di design e fornendo le istruzioni per riprodurlo.
Il lavoro di un progettista grafico non si conclude quando consegna i file grafici di un marchio ma quando consegna il manuale del marchio in cui viene descritto dettagliatamente come riprodurlo e applicarlo.
Esistono certamente casi in cui ci sono marchi composti da illustrazioni o elementi non descrivibili ma in quel caso si tratta di una lavoro creativo artigianale più che di design.
Per riproducibilita si intende anche che il marchio può essere progettato in diverse varianti e pensato per soddisfare le necessità applicative del committente.
Pensate all’insegna cassonata di un negozio o alla stampa ad un colore su cartone se l’azienda fa spedizioni. Un marca di vestiti potrebbe aver bisogno di avere un marchio riproducibile con lavorazioni particolari come incisioni, cucitura, realizzazioni in plastica o metallo.
Le possibilità sono infinite e ogni azienda ha necessità diverse dall’altra, uno studio preliminare del problema diventa fondamentale per una buona progettazione.
Questa funzione da un lato limita le scelte creative del progettista dall’altro rende il marchio versatile e lo mantiene riconoscibile in tutte le occasioni di utilizzo.
Compito del graphic designer, quindi, quello di analizzare le necessità dell’azienda, le possibilità d’uso e realizzare un marchio in grado di soddisfare tali necessità andando anche ad indicare nel manuale del marchio le possibilità d’uso e invece gli usi non consentiti, quelli cioè che compromettono l’efficacia del marchio stesso.
Perdurabilità
Oggi diverse agenzie o professionisti propongono marchi che seguono delle tendenze, affermando che: “Adesso si stanno utilizzando così”. Davvero un marchio deve essere al passo con i tempi o seguire le mode del momento?
Come abbiamo detto il marchio deve funzionare, può essere anche bello se la bellezza è il risultato della sua funzione ma di certo non deve mai e poi essere alla moda.
Bisogna evitare l’utilizzo di elementi visivi che richiamano una tendenza o che seguano le mode del momento. Se un marchio diventa obsoleto perché non più alla moda non è un buon marchio.
La moda è estetica legata al tempo, è il cambiamento del gusto e dei costumi nel tempo. Un marchio, invece, deve essere senza tempo, il frutto di uno studio, un equilibrio che svolge la sua funzione in un periodo quanto più lungo possibile.
Il marchio può cambiare negli anni, certo, sono tante le aziende che lo modificano o addirittura lo stravolgono radicalmente ma questo cambiamento dovrebbe seguire quello dell’identità della marca o del suo posizionamento, non il mutare delle mode.
Quindi, più un marchio è longevo più esso rappresenterà con coerenza l’identità della marca. Un esempio emblematico è sicuramente il “Roundel“.
Stiamo parlando del marchio della metropolitana di Londra che, nonostante i numerosi tentativi di imitazione in tutto il mondo, rimane unico e riconoscibile (anche se ad oggi non risulta originalissimo).
Il marchio composto da un cerchio rosso attraversato da una barra blu, nasce nel 1913 grazie Edward Johnston che disegnò per l’occasione un carattere tipografico specifico, il Johnston o Johnston Sans, che avrebbe contribuito a consolidare l’immagine aziendale dei trasporti pubblici londinesi.
Ancora oggi, il marchio della metropolitana di Londra è più che un semplice simbolo: incarna i servizi di trasporto della città ed è riconosciuto in tutto il mondo come una vera e propria icona di Londra.
Un esempio ancora più valido e sicuramente rappresentato da Bic. Il suo marchio, con un design semplice ed efficace, non è praticamente mai cambiato da quando è stato creato nel 1945.
Originariamente il simbolo voleva rappresentare uno scolaro, il “ragazzo Bic” ma nel tempo “l’omino con una testa a sfera”, è diventato un simbolo identificativo dell’azienda e dei suoi prodotti e lo è ancora oggi.
Questo non vuol dire che non ha subito modifiche o aggiustamenti. Mentre i primissimi design del concept iniziale erano disegnati a mano e meno raffinati, il marchio che conosciamo oggi è stato progettato da Raymond Savignac insieme al fondatore dell’azienda Marcel Bich nel 1952.
Il “ragazzo Bic” si è evoluto nel corso degli anni, ma è rimasto una parte cruciale del brand dell’azienda di cartoleria fin dal primo giorno. Questo marchio ha superato la prova del tempo e rende la coerenza del brand BIC esemplare.
Conclusione
In conclusione, volendo riassumere i concetti espressi in questo articolo, possiamo dire che un marchio per essere efficace deve essere:
La rappresentazione visiva della marca, svolgendo per essa una funzione identitaria in grado di renderla riconoscibile al pubblico in un lungo periodo, utilizzando segni grafici caratterizzanti e originali che non compromettano la sua riproducibilità.
In questo articolo abbiamo visto come deve essere un marchio ma nel prossimo articolo vedremo come realizzarlo, qual è il processo creativo più corretto e quali strumenti possiamo utilizzare.
1 commento su “Logo Design: Guida a come deve essere un Marchio”
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