Nei precedenti articoli della serie Design di questo blog, abbiamo visto come il design è diventato parte integrante della modernità sviluppando artefatti che hanno caratterizzato la società dei consumi e quindi la nostra quotidianità.
La nascita del modernismo e del funzionalismo, riconducibile ai progetti della Bauhaus e al movimento De Stijl, e successivamente del minimalismo promosso da Architetti, artisti e designer industriali e grafici, ha caratterizzato tutta la seconda metà del XX secolo e influenzato lo sviluppo del design contemporaneo.
Tuttavia, non possiamo comprendere fino in fondo cos’è il design se non ne analizziamo le origini. Per farlo dobbiamo fare un salto indietro nel tempo fino ai primi anni del 1800 quando la prima rivoluzione industriale cambio radicalmente la società, l’economia globale e i costumi.
Indice rapido
La rivoluzione dei consumi
Tra 700 e 800 in Inghilterra si presenta la necessità di formare un nuovo tipo di professionista, capace di progettare per l’industria nascente gli artefatti da produrre sulla base dei nuovi metodi di lavorazione.
La rivoluzione industriale nasce grazie a un’invenzione rivoluzionaria messa a punto da James Watt, che nel 1775 insieme al tecnico e imprenditore Matthew Boulton perfeziona la macchina a vapore, prima utilizzata con scarso rendimento nelle miniere. La macchina di Watt rivoluziona il mondo e permette di produrre un buon quantitativo di energia sfruttando la forza del vapore.
Sostituendo l’energia naturale con quella artificiale si poteva finalmente avere il pieno controllo su di essa eliminando la dipendenza da fattori come eventi atmosferici, mutamenti dei corsi d’acqua o l’affaticamento di uomini e animali.
Un motore a vapore è una macchina motrice che trasforma, tramite il vapore d’acqua, energia termica in energia meccanica. Il calore è in genere prodotto dalla combustione di un combustibile fossile, carbone fossile, legna o idrocarburo gasolio, olio combustibile, ma anche scarto termico di processi industriali.
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Questa innovazione consentì, quindi, di strutturare e pianificare la produzione di beni attraverso linee e catene di produzione, portando ad un aumento dell’accessibilità dei prodotti e alla riduzione dei costi. Nacquero nuove professioni e una nuova classe operaia. Con la diffusione della locomotiva e l’arrivo dell’elettricità mutarono i costumi e si assistette alla nascita del turismo e della vita notturna delle città.
Una rivoluzione industriale, dunque, che durante il XIX secolo portò ad un diffuso benessere che raggiunse anche le classi borghesi meno agiate. I prodotti che un tempo erano riservati esclusivamente all’alta società divennero ora popolari e alla portata di molti, era nata la società dei consumi (Da Jean Baudrillard, La società dei consumi. I suoi miti e le sue strutture. 1970).
La geometria descrittiva: Dall’artigianato al Design
In questo contesto si inseriscono le nuove figure professionali che fondono arte, artigianato e progettazione ma anche creatività e approccio scientifico. Nasce così il designer (progettista).
L’uomo, in verità, progetta fin dai tempi antichi, prima di tutto per soddisfare le sue necessità ma il design come attività professionale emerge con la prima fase della rivoluzione industriale tra la metà del 700 e gli ultimi decenni dell’800. Il ruolo del progettista si va progressivamente delineando in quei decenni insieme alla nascita di altre professioni, come quelle dell’ingegnere, e lo sviluppo delle Accademie di Belle Arti nel mondo.
Il vero cambiamento è da attribuire ai progressi del disegno in campo militare, dove era necessario tracciare con precisione ponti e strade per gli spostamenti dell’esercito. Gaspard Monge, matematico e disegnatore francese, formulò durante gli anni dell’impero napoleonico, la geometria descrittiva, che consentì di trasmettere con precisione le informazioni necessarie alla realizzazione di un artefatto attraverso disegni tecnici prescrittivi invece i tradizionali disegni descrittivi utilizzati fino a quel momento.
L’utilizzo di queste tecniche di disegno nel settore industriale permise la separazione tra il progettista e l’artigiano, tra chi concepisce il prodotto e chi lo realizza. In un epoca in cui il progettista divenne un professionista sempre più specializzato, attraverso la geometria descrittiva poteva trasmettere in maniera chiara le informazioni necessarie a chi avrebbe realizzato il prodotto.
La nascita di una nuova disciplina
Se da un lato si assistette ad una diffusione dei beni di consumo, dall’altro i nuovi metodi di produzione industriale, portano ad un impoverimento qualitativo ed estetico dei prodotti rispetto ai manufatti artigianali.
In Inghilterra, la necessità di migliorare la qualità dei prodotti industriali portò alla promozione delle Government Schools of Design. In questo contesto figure come Harry Cole e il suo gruppo giocarono un ruolo chiave nel strutturare la disciplina del design per diffondere quel complesso di saperi e superare il tradizionale apprendimento in bottega.
Il problema della qualità dei prodotti industriali in Inghilterra era acutamente sentito durante un periodo in cui in tutta Europa si promuovevano grandi esposizioni, come la celebre Grande esposizione universale di Londra del 1951 per la quale è stato progettato il celebre Crystal Palace da Paxton. Sebbene l’Inghilterra fosse all’avanguardia nello sviluppo tecnico e industriale, mancava di progressi significativi in termini di qualità e estetica dei suoi prodotti.
Nel 1836, una commissione d’inchiesta della Camera dei Comuni riconobbe che migliorare i prodotti britannici richiedeva un maggior sviluppo del design. Una delle prime iniziative in questo senso fu l’istituzione della Government School of Design a Londra nel 1837, seguita da scuole simili in molte città inglesi.
Tuttavia, queste scuole governative erano lontane dall’obiettivo per cui erano state create. Per questo la commissione parlamentare incaricò Call di riorganizzarle. Egli suggerì di introdurre l’insegnamento del disegno anche nelle scuole primarie per sviluppare la capacità di osservazione fin dalla giovane età. Il nuovo orientamento delle School of Design non si limitava più solo all’atto del disegnare, ma abbracciava il concetto più ampio di design come “fusione di scienza e arte”.
Designer come nuova figura professionale
L’introduzione e l’uso delle macchine per la produzione industriale richiedeva nuove forme artistiche e nuove specializzazioni che ancora non esistevano. L’insieme dei saperi delle conoscenze e dei metodi necessari a progettare i nuovi prodotti fu alla base della disciplina del design.
Questa nuova figura professionale si fece strada durante tutto l’ottocento. Il designer non era un semplice artigiano che creava oggetti “belli” e ampiamente decorati, egli univa arte e scienza per progettare prodotti in grado di soddisfare bisogni specifici ed essere al tempo stesso realizzati con i nuovi processi industriali, sfruttando materiali sempre più versatili ed economici.
Se con Monge si sviluppo il metodo progettuale e con Cole si definì la disciplina del Design, con Christopher Dresser si definì il Designer come figura centrale della nuova società dei consumi. Formatosi presso la School of Design di Londra, anticipò di circa 50 anni il minimalismo, progettando oggetti di grande semplicità che utilizzavano meno materiale pur mantenendo qualità e resistenza. Egli fu il primo a ottenere il diritto di apporre la sua firma sui prodotti insieme al marchio dell’azienda, una pratica che si diffuse successivamente. Nasce così quello che oggi chiamiamo l’oggetto di design.
Negli anni successivi in tutta Europa, sempre più designer si distinguono non solo per la progettazione di singoli prodotti, ma per la creazione di intere linee caratterizzate da uno stile riconoscibile e coordinato. Nascono le gallerie in cui fare shopping, cambiano il modo in cui i negozi espongono i prodotti dalla moda a i primi elettrodomestici. Questa tendenza porta industrie, laboratori e botteghe a sviluppare una propria identità distintiva, che genera un immagine nella mente dei nuovi consumatori, diventando sinonimo di qualità e affidabilità. I nomi dei designer, associati a queste realtà produttive, diventano portatori di valori e garanzia.
In questo contesto, nasce la necessità di curare l’identità visiva delle aziende, e i designer iniziano a occuparsi non solo della progettazione dei prodotti, ma anche della comunicazione visiva delle aziende che li producano. Un contributo importante in questo senso lo diede Peter Behrens che lavoro diversi anni per AEG, progettando elettrodomestici ma anche cataloghi, pubblicità e l’intera identità visiva, un esempio di visual design totale. È da questo approccio che prende forma il graphic design per la comunicazione d’impresa.
Il ritorno a gotico
L’avvento della rivoluzione industriale, sebbene portasse benefici come un maggiore benessere e disponibilità di merci, porta con se anche cambiamenti negativi, come l’espansione aggressiva delle città, lo sfruttamento della classe operaia e il degrado sociale.
L’architetto e maestro del revival gotico, August Pugin, sosteneva che il degrado sociale trovava rispecchio nel basso livello estetico dell’arte. Egli propose una riforma che promuovesse il ritorno ai valori spirituali e all’architettura del medioevo, vedendo le cattedrali gotiche come esempi di sincerità costruttiva, onestà nell’uso dei materiali e qualità esecutiva.
Pugin promosse approccio progettuale anti-utilitario e anti-classico, per contrastare la decadenza del gusto architettonico e degli oggetti di uso quotidiano. Le sue teorie furono precursori di un movimento critico che ebbe seguito con figure come John Ruskin e William Morris.
Non si tratta del fatto che gli uomini siano malnutriti ma del fatto che non provano alcun piacere nel lavoro con il quale essi si guadagnano il pane
John Ruskin
Ruskin, critico d’arte e scrittore appassionato dell’Italia, condivise posizioni simili a quelle di Pugin. Egli attribuiva il degrado sociale e culturale all’industrializzazione, alla meccanizzazione e alla divisione del lavoro. Per lui l’artigiano è fiero del proprio lavoro perché ne segue la produzione in tutte le sue fasi, la divisione del lavoro invece porta ad una alienazione dell’operaio.
William Morris, seguace delle stesse idee, studiò a Oxford nel 1855 dove conobbe il pittore Edward Burne-Jones. Insieme fondarono un circolo di amici e nel 1859 Morris commissionò all’architetto Philip Webb la costruzione della sua casa, la Red House, ispirata alle residenze vescovili medievali inglesi. Morris arredò la casa con mobili di legno massiccio disegnati dai suoi amici, alcuni dei quali decorati proprio da Burne-Jones, noto come uno dei “preraffaelliti“. Movimento guidato da Dante Gabriel Rossetti che si oppose all’arte rinascimentale, considerandola una perdita della capacità dell’artista artigiano medievale di comunicare con la comunità attraverso la semplicità e l’immediatezza dei suoi dipinti.
La secessione artistica inglese: Art & Craft
Il movimento critico progettuale che respinge l’industrializzazione e la standardizzazione è parte di un filone culturale tipico del Romanticismo, in netta opposizione al Neoclassicismo e alla società industriale accusata di prioritizzare le macchine agli uomini e il profitto all’etica.
Nel 1861, nasce la ditta-laboratorio Morris, Marshall, Faulkner & Co., fondata da William Morris insieme a Philip Webb e ai pittori preraffaelliti. Questa collaborazione anticipa l’idea del laboratorio-officina che si svilupperà a Vienna agli inizi del XX secolo con il movimento artistico della Secessione.
Poco dopo, nasce la Morris & Co., che offre una vasta gamma di arredi, carte da parati, suppellettili, tessuti, tappeti, vetrate colorate e piastrelle ceramiche, creando così un’idea unitaria dell’abitare. Questo approccio corale all’ambiente domestico è una risposta alla decadenza del gusto, rappresentata da un susseguirsi continuo di stili diversi che era iniziato alla fine del XVIII secolo.
Sulla base degli ideali di Morris, in varie città sorgono gruppi di architetti che promuovono, in collaborazione con artigiani, laboratori noti come guild, un termine medievale tedesco per “corporazione”. Nel 1888, un gruppo di architetti e artisti membri della Art-Workers Guild fondò la “Art and Craft Exhibition Society“, che organizzava mostre per diffondere le nuove produzioni nell’ambito dell’arte e dell’artigianato, promuovendo il decorativismo e il ritorno ad un tipo di produzione tipico del villaggio medievale.
Conclusione
Nonostante i “preraffaelliti” respingessero l’idea dell’artista-intellettuale, con l’Art & Craft il designer diventa inevitabilmente una figura intellettuale capace di influenzare la cultura e l’opinione pubblica. Inoltre, grazie a questi movimenti e all’affermazione dell’identità delle aziende, verso la fine del XIX secolo il design si evolve in una disciplina olistica, che abbraccia non solo la progettazione di oggetti industriali, ma anche di arredi, edifici e comunicazione visiva.
Durante tutto il XX secolo, il design si sviluppa culturalmente attraverso un connubio tra arte e mercato, industria e mostre, stile e funzione. Dai movimenti secessionisti emergono correnti moderne come il Liberty e l’Art Déco che approfondiremo nel prossimo articolo.