
Nei precednti articoli abbiamo parlato dei rebrand operati recentemente da Formula1 e ebay. Ci sono brand, però, che mantengono da anni la stessa immagine (se pur con lievi cambiamenti) e godono di un marchio e di una corporate identity senza tempo, che risulta efficace e sempre attuale. Uno di questi brand è “United Colors of Benetton” e il suo logotipo minimale ma inconfondibile.
Il buon design è visivamente potente, intellettualmente elegante e, soprattutto, senza tempo.
– Massimo Vignelli –
Indice rapido
L’azienda
Benetton è una importante azienda italiana, operante nel settore della moda internazionale. Fondata nel 1965, in provincia di Treviso da Luciano, Gilberto, Giuliana e Carlo Benetton; L’azienda si occupa dello sviluppo, produzione e vendita di articoli del settore dell’abbigliamento e il suo primo negozio fu quello di Belluno, inaugurato lo stesso anno della fondazione.
L’azienda vanta due brand importanti nel contesto internazionale, Sisley e United Colors of Benetton. Questo brand, deve la sua notorietà, oltre che ai suoi prodotti, anche al suo modello di comunicazione, sviluppato principalmente a Fabrica e che ha visto la collaborazione di nomi come Cittato, Sutter, Oliviero Toscani e Massimo Vignelli.
Fabrica
Fabrica è il centro di ricerca sulla comunicazione, nato nel 1994, con sede presso Villa Pastega Manera a Catena di Villorba e finanziato dal Gruppo Benetton. Il progetto nasce su iniziativa di Luciano Benetton e Oliviero Toscani dal patrimonio culturale del Gruppo. Oltre i sapienti artefatti di comunicazione, Fabrica propone altre attività, come la pubblicazione di Colors, un magazine in tre edizioni bilingue – inglese più italiano, francese e spagnolo.

Il primo Marchio
Il primo marchio fu disegnato nel 1971 da Franco Giacometti e Giulio Cittato; riproduceva il particolare di una trama di tessuto, chiamato “folpetto” cioè polipetto in dialetto veneziano. Il concept aziendale di “colori vivaci” è stato parte integrante della Benetton sin dagli anni ’60, ma si è ulteriormente accentuata negli anni ’70, quando l’azienda sviluppò una tecnica di tintura di capi pre-confezionati in lana non candeggiata. In precedenza, l’abbigliamento era sempre stato lavorato a partire da lotti di filati pre-colorati. Ciò ha permesso di produrre molti colori di capi in modo rapido, economico e su richiesta. Questa caratteristica dei prodotti Benetton divenne da li a poco il fulcro della comunicazione dell’azienda.

Shock e provocazione
Nel 1982 Luciano Benetton incontra Oliviero Toscani e da quell’anno cambia tutto. Quello che Toscani ha fatto come direttore artistico per il Gruppo Benetton è una delle operazioni di comunicazione e posizionamento più influenti di sempre.
Le campagne pubblicitarie di Toscani, infatti, sono diventate famose in tutto il mondo per la loro capacità di generare dibattiti su temi sociali importanti e allo stesso tempo di dividere l’opinione pubblica sulla moralità delle immagini utilizzate.

La sua prima foto di Toscani per Benetton ritrae un ragazzo con un cane nero sotto il braccio sinistro e un gatto bianco sotto il destro. L’immagine piace e gli viene affidato un intero catalogo per bambini dagli zero ai dodici mesi. Da quel momento in poi, Toscani spinge Benetton verso la strada della provocazione e della denuncia. Le campagne Benetton diventano simboliche e controverse, trasformandosi in potenti strumenti di comunicazione sociale.
Oliviero Toscani ci ha fatto rischiare tanto, ma ne è valsa la pena.
Luciano Benetton, Gennaio 2025.
Emblematica in questo senso è la campagna che ha come soggetto David Kirby, un malato di AIDS, morente sul suo letto. L’immagine era stata pubblicata su Life e aveva vinto un Pulitzer ma Toscani la scelse per metterla in risalto sfruttando un immagine di forte impatto per promuovere il brand e allo stesso tempo mettere in risalto un tema molto importante in quel periodo storico.

Tutti i colori di Benetton
“United Colors of Benetton” ancora oggi, in tutto il mondo, identifica il casual made di Treviso. Un progetto in cui la semplicità e l’equilibrio rappresentano quel modernismo che ha reso Benetton una delle aziende più riconoscibili nel mondo. L’equity aziendale è costruita attraverso lo stile risoluto e senza tempo, tipico dello stile Vignelli.
Questo brand nasce da una constatazione di Oliviero Toscani: il marchio vendeva in tutto il mondo, dagli eschimesi ai bantu. I prodotti Benetton erano già distribuiti in circa settemila negozi, con coloratissime collezioni invernali ed estive, e clienti che spaziavano dai neri africani ai biondini scandinavi. Dovevano coinvolgere sia i ricchi americani che i poveri del Sud-Est asiatico.
La risposta di Toscani a questa sfida furono i colori, sia in senso grafico che etnico: Nasce negli anni ’80 lo slogan “Tutti i colori del mondo”, poi evoluitosi in “United color of Benetton“.

La frase è esplosa nella cultura pop mondiale, non solo facendo riferimento agli abiti colorati dell’azienda, ma anche all’idea che la diversità culturale sia buona. Questa frase rimarrà l’headline per le campagne pubblicitarie degli anni Ottanta ma evolverà presto in un vero e proprio brand “United Colors of Benetton” il cui logotipo verrà sviluppato nel 1989 da Bruno Sutter.

La nuova immagine di Benetton
Per traghettare il brand nel nuovo millennio, nel 1996 fu affidato a Massimo Vignelli, all’epoca riferimento internazionale del design, il restyling del marchio di Sutter e lo sviluppo di una nuova corporate identity per l’azienda.
Toscani discusse dell’identità di Benetton con Vignelli, alla ricerca di una brand identity completa. Tutte le attività di vendita al dettaglio della società erano centralizzate sotto il nome unico, “United Colors of Benetton”. Vignelli decise di rivedere il marchio di Sutter apportando alcune piccole ma fondamentali modifiche, senza stravolgere però la natura del marchio.

Il logotipo posto al centro del rettangolo verde si evolve in un più equilibrato logotipo giustificato a bandiera da sinistra, su una griglia 30×10, al cui interno viene composto il logotipo su due linee utilizzando il font “Gill Sans”, progettato da Eric Gill nel 1926. Un cambiamento minimo e impercettibile, ad occhi meno attenti, ma significativo dal punto di vista formale. L’intervento più significativo di Vignelli è stato sicuramente nei confronti dell’immagine coordinata del brand.
A partire dal logotipo, fu sviluppato un identico cartellino (e di solito un’etichetta) per prezzare la merce e indicare visivamente se si trattasse di una maglietta economica, un completo da uomo di lusso o un abito da donna. Il concept era monolitico e rigidamente universale. La moderazione “vignelliana” era complementare allo stupore di Toscani e al suo stile fotografico eloquente.

Essere impegnati con il cliente per tutto quanto riguarda la comunicazione, non fermarsi al manifesto e non pensare alle parcelle: farlo perché si ha la passione dentro, perché si vuole far guarire il cliente, fare in modo che non vada in giro a non spargere l’infezione.
– Massimo Vignelli –
Identità visiva Benetton rappresenta uno dei lavori più riconosciuti tra i tanti progetti di corporate identity realizzati da Massimo Vignelli. Un imponente lavoro racchiuso in un raccoglitore ad anelli studiato per accogliere tutte le evoluzioni future del brand.


Benetton oggi
Nel 2011 sarà incaricata l‘agenzia Pentagram. per un restyling tipografico che porterà allo sviluppo del “Benetton Sans” sviluppato a partire dal “Gill Sans“. Nonostante in passare degli anni e gli interventi operati da Pentagram, l’identità visiva elaborata da Vignelli e Toscani rimane ancora oggi pressoché inalterata, testimone di un identità moderna e modernista, senza tempo.
Dopo la separazione da Toscani, nel 2011 Benetton lancia una nuova campagna pubblicitaria sulla falsa riga delle precedenti: UNHATE, realizzata con dei fotomontaggi che raffiguravano leader religiosi e capi di stato baciarsi.

La campagna ricevente molte critiche dal pubblico, dalle istituzioni e da Toscani stesso e dopo sole 24 ore Benetton dovette ritirare molte immagini tra le quali quelle del Papa e quelle che ritraevano l’ex premier Silvio Berlusconi e la cancelliera Angela Merkel. Nonostante questo, la campagna rimase nella memoria collettiva e viene ancora oggi associata al brand.
Conclusione
L’approccio moderno di Sutter, la rigorosa architettura comunicativa elaborata da Vignelli e la geniale capacità espressiva degli scatti di Oliviero Toscani hanno fatto di questo brand un modello di marketing imitato in tutto il mondo, il potere comunicativo del Brand italiano si è guadagnato un posto nell’olimpo della comunicazione insieme a marche come Olivetti e Barilla.